Oggi ne parliamo con … Federico Casale, Segretario Generale di Fondazione Antea

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Il nuovo logo è una grande novità per Antea. Cosa ti ha suggerito questa idea?
Antea da Associazione è diventata Fondazione agli inizi di marzo 2020 e già allora
avevamo deciso di cambiare logo. Poi sappiamo tutti com’è andata quell’anno e, nella
criticità della pandemia da coronavirus, abbiamo rivolto tutta la nostra attenzione
all’assistenza dei pazienti.
Ci siamo messi al lavoro sul nuovo logo l’anno successivo e, grazie alla collaborazione dello
IED di Roma, abbiamo scelto il nostro nuovo biglietto da visita che oggi vogliamo
presentare: le mani degli operatori che sorreggono il cuore che mettono nel fare il loro
lavoro.
 
Com’è cambiata Antea da quando è diventata Fondazione?
Partiamo dal fatto che sono cambiate prima di tutto le Cure Palliative per come le
conoscevamo prima: se in passato il paziente era per lo più oncologico, adesso il 45% degli
assistiti sono non oncologici e in alcuni casi hanno un’aspettativa di vita più alta.
Questo implica un approccio differente dell’assistenza palliativa, un’attenzione verso il
paziente a 360°, e rende possibile la costruzione di un percorso di cura più articolato.
 
Per veicolare questo cambiamento, Fondazione Antea si è proposta di affiancare,
all’assistenza, un importante lavoro di sensibilizzazione: siamo impegnati infatti nelle
attività di comunicazione, nella formazione e nella ricerca e abbiamo creato la casa
editrice Pallium Edizioni.
 
In passato Antea era uno dei pochi Hospice presenti in Italia. Oggi che realtà analoghe
sono maggiormente diffuse, quanto è alto il numero di richieste di assistenza?

È comunque molto alto, tanto che negli ultimi anni i numeri dell’assistenza sono quasi
raddoppiati. Fino al 2020 assistevamo circa 130 pazienti al giorno; da quando siamo
Fondazione i numeri sono saliti: siamo arrivati ad assistere quotidianamente 30 pazienti in
Hospice, 120 a domicilio a Roma e 100 a Messina.
 
Proprio per sopperire alle liste di attesa, 5 posti letto in Hospice sono in regime di privato
sociale, sperando di ricevere presto l’accreditamento da parte della Regione Lazio.
 
Antea è sempre stata in prima linea per richiedere interventi legislativi per garantire il
diritto dei cittadini alle Cure Palliative. In Italia quanto c’è ancora da fare? C’è un
aspetto sul quale pensi sia fondamentale intervenire?

La legge 38/2010, a cui si è arrivati anche grazie ad Antea, è stata una tappa fondamentale
nella storia delle Cure Palliative in Italia. Tuttavia dopo 14 anni credo sia necessario pensare
a degli aggiornamenti.
Si dovrebbe investire ancora di più sulla formazione di professionisti palliativisti. La legge è
incentrata sulle specializzazioni che hanno come focus prevalente le patologie
oncologiche: sono quindi trascurate le altre specializzazioni, come quelle in ambito
cardiologico, neurologico e respiratorio.
 
Un altro aspetto su cui ritengo si debba intervenire è l’uniformazione delle Cure Palliative a
livello nazionale.
  

Negli ultimi anni ad Antea è stata elaborata una visione nuova e moderna delle Cure
Palliative. Qual è l’elemento introdotto di cui sei più orgoglioso? Quali sono le sfide
per il futuro?

Fondazione Antea ha una grande squadra di operatori: 105 a Roma, 40 a Messina e circa
100 volontari. È un risultato importante, se si considera che prima eravamo 83 persone in
tutto.
Tra le altre cose, stiamo implementando nuovi settori di ricerca e puntando molto sulla
formazione.
Una delle maggiori sfide per il futuro è riuscire a replicare Antea in altre regioni.